Un siciliano a Firenze: Antonello agli Uffizi


Gli Uffizi non sono solo pittori fiorentini: le vaste collezioni giunte a noi attraverso diversi canali, ma soprattutto quelle dei Medici e dei Lorena, raccolgono tantissimi artisti “stranieri” che abbiamo la fortuna di poter ammirare in questo museo. Per esempio, grazie all’eredità di Vittoria della Rovere, andata in sposa al Granduca Ferdinando II de’ Medici nel ‘600, abbiamo la Venere di Urbino di Tiziano e il Doppio ritratto dei duchi di Urbino di Piero della Francesca; grazie a Ferdinando III di Lorena, che a Siena si era innamorato della preziosa Annunciazione di Simone Martini, ora la possiamo ammirare tra le prime sale del Trecento; grazie al Gran Principe Ferdinando, che andava in giro per le chiese ad acquistare dipinti, abbiamo diverse opere soprattutto a Palazzo Pitti; oppure Caravaggio quale dono da parte del suo mentore, il cardinale del Monte, a Ferdinando I de’ Medici.


Qui voglio parlare in particolare di un’acquisizione dello Stato Italiano, e di un artista che, proveniente dal sud, introdusse in Italia novità pittoriche provenienti da molto a nord, addirittura da Bruges, per fonderle sapientemente con quelle più tipiche della tradizione italiana. Il pittore in questione è Antonello da Messina, grande interprete del Rinascimento italiano, vissuto più o meno tra il 1430 e il 1479, e della cui vita pochi dettagli sono giunti a noi, a partire dalla stessa incerta data di nascita. Il pittore in questione è Antonello da Messina, grande interprete del Rinascimento italiano, vissuto più o meno tra il 1430 e il 1479, e della cui vita pochi dettagli sono giunti a noi, a partire dalla stessa incerta data di nascita.

Il dipinto, presente nella sala Venti insieme a nomi quali Mantegna e Bellini, è in realtà un tritico, protagonista un paio di anni fa di una operazione di “ricongiungimento”, voluta e organizzata, tra gli altri, da Vittorio Sgarbi:  le parti realmente di proprietà degli Uffizi (e quindi del Mibact) sono due, mentre la terza appartiene alla Regione Lombardia.  Grazie a un accordo siglato dalle parti, la Madonna col Bambino e un angelo del pittore bresciano Vincenzo Foppa è volata al Castello Sforzesco di Milano; in cambio è giunto qui il San Benedetto mancante di Antonello (destra). E starà qui per 15 anni. Le altre due parti, la Madonna col Bambino e Angeli ed il San Giovanni Evangelista, furono il risultato di un acquisto dello Stato negli anni ’90, per esaudire il desiderio di Ugo Bardini, figlio ed erede dell’antiquario toscano Stefano Bardini (1836-1922) che, morto nel 1965, aveva fatto dello Stato il suo erede.

Ma chi era Antonio da Messina? Era di Messina, e questo si capisce! Di più: nonostante gli vengano attribuiti numerosi viaggi, alcuni probabilmente mai avvenuti (Vasari lo pone a Bruges alla ricerca di “Giovanni da Bruggia”, ovvero Jan Van Eyck), altri più certi (Napoli, Roma, Venezia), egli nacque e morì sempre nella sua città sullo Stretto.

Da giovane, si era formato a Napoli nella bottega del più famoso artista dell’Italia meridionale di allora, Colantonio, ed è qui, alla corte degli Aragona, che molto probabilmente venne in contatto con l’arte fiamminga. Come detto, non si è sicuri di un suo viaggio a Bruges, ma resta il fatto che, da grande ammiratore del pittore fiammingo Jan Van Eyck, fu lui a introdurre novità dell’arte fiamminga in Italia, come i ritratti a tre quarti, l’attenzione ai dettagli, e, soprattutto, l’uso della pittura ad olio. Questa fu una grandissima novità nel Quattrocento: rispetto alla pittura a tempera, usata fino ad allora, quella ad olio permetteva una maggiore brillantezza e morbidezza dei colori e dei dettagli.

Nell’opera di Antonello tutto questo entra in comunione però con uno stile più puramente italiano, come la monumentalità e la ricerca dello spazio. Di Antonello sappiamo anche che a un certo punto doveva essere entrato in contatto con l’opera di Piero della Francesca, se non con il pittore stesso. Ce lo dice l’apporto di nuovi elementi nelle sue opere, dove l’attenzione al dettaglio fiamminga si fonde con la geometria delle forme di Piero. Si sa anche che Antonello ha trascorso diverso tempo a Venezia, a contatto con i Bellini, da cui fu molto influenzato, e le sue stesse novità furono talmente rivoluzionarie e di esempio per i pittori della laguna, da pavimentare in un certo senso la strada a quella che diverrà la grande pittura tonale veneta dei futuri maestri Giorgione e Tiziano.

Come detto, non ci sono molte informazioni su di lui, il catalogo dei suoi dipinti è stato ricostruito poco a poco, grazie a studiosi come Marcantonio Michiel che in quegli anni (‘500) collezionava e catalogava informazioni su vita e opere di artisti che avevano lavorato per lo più per commissioni private, come per esempio Giorgione. E quello che emerge è che tante opere di questo straordinario artista.. non sono a Messina! E neanche in Italia! Tanti suoi dipinti celebri sono in musei stranieri, come la Pala di San Cassiano a Vienna, o la Pietà a Madrid, o il San Girolamo nello Studio a Londra. Ma la sua opera più famosa si trova in Italia, precisamente a Palazzo Abatellis a Palermo: l’Annunciata. Un dipinto straordinario, una iconografia rivoluzionaria nati nei suoi ultimi anni di vita, laddove la compenetrazione tra le varie influenze (fiamminga, pierfrancescana, veneziana) e il suo stile personale erano ormai complete. La Vergine non è più dipinta da un lato della scena, a interloquire con l’Angelo Annunciante presente dall’altra parte: qui lei interloquisce con noi. E’ come se l’Angelo fossimo noi.

Il tritico degli Uffizi, ora ricongiunto per 15 anni, potrebbe essere in realtà parte di un’opera ancora più grande. Qui possiamo scorgere la mano di Antonello in molti aspetti: l’influenza fiamminga nell’attenzione ai dettagli, nei due angeli reggi corona, o anche nelle pieghe dei tessuti; quella tipicamente italiana nella resa delle luci, nel rendere più geometrica e plastica la fisionomia delle figure, e a porre le stesse più “in contatto” con noi. San Giovanni Evangelista è raffigurato, secondo una particolare iconografia, con il calice di vino da cui fuoriesce un serpente, e il libro: si dice che il vino fosse avvelenato, e il santo, prima di berlo, fece il segno della croce e il veleno ne uscì sotto forma di serpente. San Benedetto è rappresentato con il bastone pastorale e il libro della Regola Benedettina, e la preziosità dei suoi abiti, come degli anelli sui guanti, è resa in modo brillante e minuzioso. La Madonna al centro siede sul trono, ed è incoronata da piccoli angeli. Indossa una veste preziosa, e anche alle sue spalle sul trono è steso un telo. Il bambino le cinge il collo in un gesto affettuoso.

Le tre scene sono unificate da uno spazio comune: gli archetti alle loro spalle, come le ombre dei personaggi, proseguono in tutte e tre le parti. Divisi ma insieme. E questo grazie anche a questa iniziativa che li ha finalmente riuniti. Chissà cosa direbbe Antonello, come tanti altri artisti, a rivedere le proprie opere tornare alla vita come erano state originariamente concepite! Vale davvero la pena di vedere un esempio dell’arte di questo straordinario artista che, partendo da Messina, fu in grado di influenzare un intero paese!