PEPOSO DELL’IMPRUNETA


La Toscana è una terra famosa non soltanto per la sua storia millenaria e la quantità e qualità di opere d’arte che conserva, ma anche per i suoi paesaggi, che sono stati immortalati in tanti famosi film (“Sotto il sole della Toscana”, “La vita è bella”, “Io ballo da sola” , “Camera con vista”… per menzionarne alcuni) e che hanno attratto un importante numero di turisti. Però c’è un altro elemento essenziale per avere una conoscenza completa di questo territorio e goderselo pienamente: l’enogastronomia. Dalle origini della civiltà di questo luogo, con gli Etruschi, si iniziarono a coltivare e produrre alcuni dei prodotti che sono ancora oggi alla base della cucina toscana: il vino (soprattutto il vino rosso), l’olio d’oliva, il formaggio, i cereali e i legumi.


Parleremo via via di alcuni piatti tipici toscani e anche dei suoi vini; cominciando da un secondo piatto di carne: il Peposo dell’Impruneta. Bisogna dire che tanti piatti tipici della cucina toscana sono a base di carne, oltre che di una abbondante varietà di affettati.

Confinante con Firenze verso sud (uscendo dalla città direzione Siena) si trova il paese Impruneta. La sua storia è molto legata alla sua vicina più grande e potente, e questo legame ha a che fare con il piatto di cui parliamo. All’Impruneta, da tempi lontani (possibilmente dall’ XI secolo) si produce un tipo di terracotta chiamata cotto. Questo materiale si usa principalmente per fare tegole, vasi per piante, brocche e mattoni. Ha la proprietà di essere molto resistente alle condizioni atmosferiche esterne e, per questo motivo, a inizi del Quattrocento, Filippo Brunelleschi, eccellentissimo architetto del Rinascimento, lo scelse per fare il rivestimento del suo capolavoro: la cupola della cattedrale di Firenze. E così Brunelleschi diventò il cliente più importante delle fornaci dell’Impruneta che producevano mattoni per la cupola (1420-1436): questa ne contiene più di quattro milioni. E con questo capolavoro dell’architettura nacque, secondo la leggenda, il peposo: quando Brunelleschi si recava all’Impruneta per fare affari ed acquistare il cotto, scoprì un piatto che i lavoratori delle fornaci cucinavano approfittando del calore dei forni. Si tratta di un tipo di spezzatino di vitello che deve cuocere diverse ore, e che questi operai mettevano sopra una mattonella dentro lo stesso forno che cuoceva i mattoni. Il vitello andava coperto con una quantità abbondante di pepe, e a questo si deve il nome della pietanza. Il pepe veniva usato principalmente per coprire il sapore forte della carne che, all’epoca, quasi mai veniva mangiata “fresca”, soprattutto da parte delle classi umili. La carne, cotta per ore, era molto morbida e si scioglieva in bocca; quando Brunelleschi la assaggiò, rimase entusiasta e considerò che questo era il cibo che voleva dare ai suoi operai. Era adatto a far riempire la pancia dei lavoratori, non soltanto di vino (lavorare a quelle altezze sotto il sole d’estate era sicuramente molto difficile) ma anche di carne in modo che, anche se bevevano tanto, non potessero ubriacarsi e perdere l’equilibrio! Non ci si poteva permettere di avere incidenti sul lavoro, perché, in caso di morti, bisognava smettere di lavorare per andare tutti insieme al funerale! E Brunelleschi fu un innovatore per la sua epoca nella cura della sicurezza degli operai, anche se per interessi propri. Quindi, anche se il peposo invitava a bere per via del suo sapore piccante, si mangiava anche parecchio pane, e il pane assorbiva l’alcool. Così, l’architetto giornalmente si faceva mandare dall’Impruneta una grande quantità di peposo insieme ai mattoni.

Questa divertente e bella storia sull’origine di questo gustosissimo piatto rimane, sfortunatamente, screditata dagli studi moderni, nei quali si dimostra che non sarebbe stato fattibile cuocere mattoni insieme alla carne nello stesso forno e, soprattutto, che il pepe dell’epoca era un ingrediente molto costoso, alla portata soltanto dei più ricchi, quindi è abbastanza surreale che fosse fra gli ingredienti principali di un piatto per operai. . (PETRONI P. Il libro della vera cucina fiorentina. Giunti Editore: Milano, 2009)

E per chi vorrà provare a cucinarlo, eccovi la ricetta*:

Ingredienti per 6 persone:

  • - 1kg di muscolo di vitellone (con venature di grasso e callosità)
  • - 12 spicchi d’aglio
  • - 2 bicchieri di Chianti
  • - 1 cucchiaio di conserva (facoltativa)
  • - Sale e pepe nero

Tagliate il muscolo a spezzatino, facendo dei pezzi non troppo piccoli perché cuocendo a lungo si ritirano.

Metteteli in una pirofila a bordi alti, o in una teglia, con gli agli pelati interi, il vino, sale, il concentrato sciolto in acqua calda (se gradito) e 2 bei cucchiai colmi di ottimo pepe nero macinato (alcuni, per rendere più delicato il piatto, mettono i grani di pepe interi).

Aggiungete acqua calda o brodo, in modo da coprire a filo la carne, e mettetela in forno basso (140º).

Fate cuocere mescolando ogni tanto, per circa 3 ore, quindi, se necessario, aggiungete altra acqua calda o brodo.

Alla fine il peposo dovrà risultare ben ritratto, cremoso e morbidissimo; gustatelo cosparso con altro pepe appena macinato e, volendo, su fette di pane casalingo abbrustolite.

*(PETRONI P. Il libro della vera cucina fiorentina. Giunti Editore: Milano, 2009)