I finestrini del vino


Passeggiando per le vie di Firenze, da quelle più affollate intorno ai monumenti principali, a quelle un po’ più tranquille, guardandosi attorno con curiosità è possibile scorgere tante cose, piccole e grandi, da cui le varie attrattive e i suddetti monumenti spesso ci distraggono: tabernacoli, segnali stradali decorati, immagini di personaggi storici.. sott’acqua, le “lapidi dantesche” con passaggi della Divina Commedia, targhe di marmo commemorative di personaggi vissuti in quel tal palazzo, e tanto altro. Ma se guardiamo non tanto in alto, anzi, più o meno alla nostra altezza, possiamo notare spesso delle strane, piccole finestrine che si aprono nelle pareti dei palazzi: sono le buchette, o i finestrini (di nomi ne hanno avuti tanti) del vino. Tra il centro storico, e le vie che si trovavano al di fuori dell’ultima cerchia muraria del 1333, se ne contano più di cento! Ma cosa sono? E a cosa servono? O meglio: a cosa servivano? Semplice: alla vendita del vino!


Il vino è sempre stata una bevanda particolarmente gradita nella storia, sin dai tempi degli Etruschi e dei Romani, e la sua produzione, insieme a quella dell’olio, costituisce una delle attività agricole principali qui in Toscana. A Firenze, gli stessi ordini religiosi si occupavano di vendere il vino, e possedevano vigneti all’interno dei loro conventi. Alcune strade e nomi in città richiamano ancora la presenza di vigneti: via della Vigna Vecchia, via della Vigna Nuova, chiesa di Santa Maria delle Vigne (il primo nome della chiesa di Santa Maria Novella).

La storia dei finestrini inizia nel XVI secolo, all’indomani dell’assedio del 1530 e del ritorno dei Medici in città. In questi anni, infatti, le famiglie nobili e potenti di Firenze, per sfuggire al controllo dei Medici, si erano rifugiate nei loro possedimenti del contado, e avevano avviato una riqualificazione di questi terreni, dopo anni di devastazioni straniere, da ultime quelle dei Lanzichenecchi di Carlo V negli anni dell’assedio. Piano piano la loro produzione agricola riprese, compresa quella dei vigneti. Ma le gabelle per la vendita del loro vino attraverso osti e tavernieri erano alte, e questi nobili pensarono allora di istituire la vendita diretta. Vennero quindi create queste finestrine che mettevano in comunicazione la cantina dei loro palazzi cittadini con l’esterno, e tramite queste era possibile vendere il vino sfuso direttamente da produttore a consumatore. Fu Cosimo I a ratificare questa procedura nel 1559.

Ma come funzionava questa vendita? Innanzitutto il vino veniva venduto in fiaschi, le cui dimensioni erano regolamentate proprio da quella del finestrino (né più né meno!). La mescita veniva effettuata dai cantinieri, ovvero esperti di vino alle dipendenze dei ricchi proprietari, che lavoravano quindi nella cantina del palazzo. Inoltre esistevano regolamentazioni e orari di apertura e chiusura della cantina: un esempio è visibile in via delle Belle Donne, dove sopra la buchetta è apposta una targa in marmo che indica tutti gli orari e giorni di apertura durante l’anno!

E come venivano fatti questi finestrini? Camminando per le strade di Firenze, se ne possono vedere di diversi tipi: con arco tondo, o a punta, o a edicola; hanno tutti una porticina, e in generale hanno le sembianze dei portoni di ingresso dei palazzi fiorentini, ma in miniatura! Sono quasi tutti in pietra forte, mentre la porticina è in ferro ricoperto di legno all’esterno, e si apre verso l’interno. Venivano realizzate quindi nelle botteghe di vari artigiani, e poi installate nelle pareti di questi palazzi.

L’utilizzo di questi finestrini iniziò a decadere a fine ‘800, e molti di essi ora non esistono più a causa delle varie vicende della città, come lo sventramento del centro storico negli anni di Firenze capitale, le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, e infine l’alluvione del 1966. Alcuni sono stati spostati, altri murati, altri trasformati in altro, come per esempio in citofoni o cassette per la posta. Altri sono diventati addirittura piccole opere artistiche moderne. Tanti, per fortuna, esistono ancora nella loro forma originale, e costituiscono un altro piccolo patrimonio storico di questa città, così prezioso da far nascere una Associazione Culturale “Buchette del Vino” per la loro promozione e protezione! (http://www.buchettedelvino.org)