I PUCCI


Le famiglie benestanti di ogni città sono quelle che condizionano la storia e, a volte, la politica; spesso sono state importanti per l'economia e per l'arte, convertendosi in mecenati di artisti, poeti, intellettuali e scienziati.


Nel caso di Firenze, le famiglie potenti erano molte e la maggior parte si arricchì durante l’epoca medievale grazie principalmente a due attività: quella bancaria (erano usurai) e il commercio. In un centro storico così ridotto vi erano concentrate un gran numero di queste famiglie, divise tra i quartieri, alleate o rivali tra di loro. Questo fu il “gioco” che definì la storia della città soprattutto in epoca medievale e rinascimentale, ma che comunque, in modi diversi, è arrivato fino ai tempi moderni. Le alleanze, stipulate soprattutto attraverso matrimoni, per salire nella scala del potere o per sconfiggere nemici comuni o rivali negli affari, erano all’ordine del giorno. Il governo di Firenze era una Repubblica che però si convertì in Signoria proprio quando il potere venne concentrato nelle mani dei principali signori fiorentini, ovvero membri delle più eminenti famiglie cittadine. Questo governo ripartito tra le principali famiglie si mantenne (almeno apparentemente) anche con l’arrivo dei Medici, che divennero fin da subito la famiglia dominante fino all’estinzione della dinastia. Questa situazione cambiò con uno dei Medici, Cosimo I, a metà del XVI secolo, quando egli divenne duca di Firenze, e fu così che da quel momento il potere passò nelle mani della sua famiglia, succedendosi di generazione in generazione.

Con la presenza dei Medici le altre famiglie iniziarono a dividersi in fazioni, alleandosi od opponendosi ai ricchi banchieri. I Pucci furono sempre (con un paio di eccezioni) amici, soci e collaboratori dei Medici. I Pucci si conoscono a Firenze dal XIII secolo quando sembra fossero carpentieri o architetti poiché i suoi membri erano iscritti proprio all’Arte dei carpentieri che includeva pure gli architetti, entrambe attività, all’epoca, considerate artigiane. Fu con Puccio Pucci (1389-1449) che la famiglia iniziò a dedicarsi al commercio e agli affari del governo, alleandosi con i Medici e arricchendosi enormemente. Lo stesso nome di famiglia è cambiato nel tempo (usanza molto diffusa all’epoca), infatti sembra che il cognome originale fosse Saracini e questo spiegherebbe lo scudo di famiglia che presenta la testa di un saraceno (Saracini verrebbe infatti da saraceno). Un’altra versione afferma invece che alcuni membri Pucci parteciparono e vinsero nelle crociate in epoca medievale e che questo sarebbe quindi il motivo della presenza del saraceno sullo scudo. Il punto comunque è che il cognome Pucci viene da uno dei rappresentanti di questa famiglia del XIII secolo, che si chiamava Jacopo però conosciuto come “Jacopuccio” e da lì modificato in Pucci. Tornando allo scudo il saraceno porta una fascia in testa con tre T che in principio erano tre martelli, alludendo così all’origine della famiglia come carpentieri, ma più tardi i tre martelli diventarono tre T che stanno a significare “Tempore Tempora Tempera”, ovvero mitiga i tempi con il tempo.

Puccio Pucci allora iniziò la fortuna della famiglia come amico di Cosimo il Vecchio (prima metà del XV secolo), e suo figlio Antonio fu uomo di fiducia di Lorenzo il Magnifico, principale mecenate della città durante il Rinascimento. Grazie a queste alleanze con i Medici, i Pucci ricoprirono incarichi importanti nel governo, e la famiglia contò anche dei cardinali che gli permisero un’estensione del potere fino a Roma. Fu Antonio Pucci colui che nel 1480 incaricò la costruzione del palazzo di famiglia, in seguito ampliato e decorato dai suoi successori e infine diviso in due o tre unità per i diversi rami della famiglia. Questo edificio si trova in via dei Pucci, strada che prende il nome da loro, e ancora oggi è proprietà dei discendenti. Tra gli atti di mecenatismo dei Pucci, le opere d’arte più famose sono i quattro quadri che commissionarono a Sandro Botticelli nel 1483, in occasione del matrimonio di Giannozzo Pucci con Lucrezia Bini. Si tratta di quattro dipinti che raccontano la storia di Nastagio degli Onesti (https://it.wikipedia.org/wiki/Nastagio_degli_Onesti), uno dei racconti presenti nel Decameron di Boccaccio; tre di questi si trovano nel Museo del Prado di Madrid, mentre il quarto continua ad appartenere alla collezione privata dei Pucci. Un dettaglio molto interessante, nell’ultimo dei quattro quadri, quello che si trova a Firenze, vi è la rappresentazione di forchette d’oro al banchetto della famiglia Pucci: loro, infatti, furono i primi in città a usare le forchette, molto apprezzate più tardi dai Medici, soprattutto da Caterina, la quale, sposandosi con Enrico II di Francia, le esportò al Paese vicino.

Concentriamoci adesso su due membri della famiglia Pucci vissuti in periodi molto lontani tra loro: Pandolfo Pucci (morto nel 1560) ed Emilio Pucci (1914-1992). Il primo portò avanti le relazioni con i Medici fino a quando fu allontanato dalla corte di Cosimo I per motivi poco chiari (accuse di sodomia o ideali repubblicani antimedicei). A questo punto Pandolfo decise di vendicarsi e organizzò una congiura contro il granduca, al quale avrebbe dovuto sparare con un archibugio mentre passava davanti al suo palazzo in via dei Pucci, di strada per raggiungere la chiesa della Santissima Annunziata. Cosimo però possedeva una rete molto importante ed efficiente di spie e così la congiura venne scoperta. La politica dei Medici contro le cospirazioni era molto rigida già dai tempi di Lorenzo il Magnifico, quando si attuò l’episodio più terribile per eliminare i Medici (la Congiura dei Pazzi), i quali risposero uccidendo tutti coloro che erano coinvolti con l’attacco. Cosimo I condannò Pandolfo ad essere impiccato alla finestra del Bargello, sede della polizia, ed espropriò la famiglia di tutti i suoi beni e della residenza, anche se questa successivamente gli venne restituita. Ordinò anche di murare la finestra dalla quale avrebbero dovuto sparare al Granduca, finestra che tuttavia è possibile vedere al piano terra del palazzo. L’episodio si ripeté pochi anni dopo quando anche Orazio, figlio di Pandolfo, cercò di uccidere Francesco I, figlio di Cosimo; pure Orazio però venne scoperto e impiccato esattamente come suo padre.

L’ultimo Pucci illustre è senza dubbio Emilio, stilista e fondatore della casa di moda Pucci. Emilio era un appassionato di sci e d’aviazione, tanto che entrò nella Regia Aereonautica Italiana dove permase durante gli anni della guerra, mandato in diverse missioni e insignito di medaglie al valore militare. Precedentemente, quando si dedicava allo sci, aveva disegnato e confezionato le attrezzature da sci del Reed College e anche le proprie. Nel 1947, dopo essere stato detenuto e torturato a causa della sua relazione con Edda Ciano Mussolini, figlia di Benito (la GESTAPO cercava alcuni diari importanti che lei aveva del marito, che avevano a che fare con questioni del governo), tornò a Firenze e volle iniziare un nuovo cammino. La strada nel mondo della moda, di fatto, cominciò in modo casuale, quando una rivista americana pubblicò una sua foto nella quale era vestito con una divisa da sci disegnata da lui stesso; lo scatto ebbe un così grande successo che l’immagine fece il giro del mondo. Da questo momento Emilio iniziò a creare abiti da donna, aprì la sua prima boutique a Capri nel 1950 e partecipò alla prima sfilata di moda d’Italia nel 1951 a Firenze. A partire dal 1960 la sua fama crebbe ancora di più grazie all’icona Marlyn Monroe, grande amante delle sue creazioni tanto da essere seppellita con un vestito verde di Pucci, uno dei suoi preferiti. Lo stilista vestì altre stelle come Sophia Loren, Grace Kelly, Maria Callas e Jacqueline Kennedy.

Una famiglia, in definitiva, che è sempre stata ben presente nella storia e nella società fiorentine e una delle poche che non si è estinta e che tuttora possiede l’edificio storico della propria residenza privata nel centro della città di Firenze.