AMERIGO VESPUCCI: UN FIORENTINO A SIVIGLIA


La storia dà diverse versioni, a seconda di chi la insegna e, soprattutto, di dove la si impara. A scuola in Spagna si impara che la data della scoperta dell’America è il 1492, una data che non si può dimenticare, come il protagonista di questa impresa: Cristoforo Colombo. In Italia le cose sono viste da un’altra prospettiva, senza sminuire Colombo, ma riconoscendo meriti maggiori al fiorentino Amerigo Vespucci, un personaggio invece ignorato in terra spagnola; gli americani, tuttavia, sanno molto bene a chi devono il nome del loro continente.


I Vespucci erano una famiglia storica fiorentina, che giunse da Peretola, oggi un quartiere della città in zona periferica, e che si stabilì nel centro, nella zona di Ognissanti. Svolsero i mestieri più in voga di quell’epoca: furono notai, banchieri e commercianti. Una parte della famiglia ebbe maggior successo e fortuna, quella di Pietro Vespucci, Simone di Pietro Vespucci (il fondatore dell’ospedale San Giovanni di Dio) e Marco Vespucci, che sposerà la bellissima e mitica Simonetta, musa dei dipinti di Sandro Botticelli, di cui parleremo in un altro articolo.

Il nostro Amerigo discendeva dall’altro ramo meno fortunato dei Vespucci. Ereditò il nome dal nonno, ed era il terzo dei cinque figli di Nastagio e Lisa. Il padre Nastagio era notaio, ma aveva diversi problemi di alcool, così Amerigo fu educato e protetto dallo zio Giorgio Antonio, fratello minore di Nastagio, che gli fece studiare latino, matematica, fisica, geometria e astronomia. Giorgio Antonio era un umanista e un appassionato di carte geografiche, amico di Marsilio Ficino e, quindi, vicino alla cerchia dei Medici, cosa che permise ad Amerigo di rifugiarsi con lo zio nella villa del Trebbio durante la peste del 1476, villa di proprietà del ramo secondario della famiglia, quella di Pierfrancesco de’ Medici, dove un altro zio, Bernardo, lavorava come contabile. E con questo ramo Amerigo fu sempre legato, diventando uomo di fiducia di Lorenzo, figlio di Pierfrancesco, chiamato “il Popolano”; Amerigo si occupò degli affari e delle proprietà di Lorenzo, incarico che lo portò a Siviglia.

Siviglia, dalla metà del secolo XV, era una città in espansione, dove i Medici avevano una delle loro sedi bancarie di cui si occupava il fiorentino Giannotto Berardi. Amerigo fu mandato a Siviglia per lavorare con Berardi tra il 1491 e il 1492, e qui egli cambiò radicalmente la sua vita, e non tornò mai più a Firenze. Il destino volle che Berardi fosse uno dei finanziatori della spedizione di Cristoforo Colombo (insieme ad altri affari, come la tratta degli schiavi, a cui molti fiorentini erano dediti), e così Amerigo visse in prima persona tutti i preparativi dei viaggi (soprattutto del secondo), ed era presente quando Colombo tornò trionfatore dal suo primo viaggio, e, alla morte di Berardi, divenne il suo esecutore testamentario. Nel 1496 salparono le navi sotto il comando di Juan de Sasueta, in cui Berardi aveva investito molto denaro, così come anche Amerigo, che si era associato al suo concittadino, credendo di poter anche salire a bordo. Sfortunatamente naufragarono, e anche se non ebbero perdite personali, le perdite economiche furono enormi. Per alcuni anni si persero le tracce di Amerigo, che doveva riprendersi dal colpo finanziario, e che, secondo alcune teorie, si sarebbe imbarcato in altri viaggi. Abbiamo di nuovo sue notizie nel 1499, quando tornò a vivere a Siviglia, sposato con Maria Cerezo, e nello stesso anno fece il suo primo viaggio documentato verso l’America. In questo primo viaggio, nonostante non sia molto chiaro l’obiettivo, egli si imbarcò con Alonso de Ojeda e Juan de la Cosa, i quali avevano già esperienze precedenti, soprattutto il secondo che aveva pilotato la prima spedizione di Colombo. Amerigo prese nota di ogni dettaglio, e si trasformò in un esperto di navigazione e di rotte, aiutato dagli studi fatti in precedenza a Firenze. Raggiunsero la zona di Guayana, Trinidad e Orinoco e si addentrarono in Amazzonia, incontrando molte tribù. Tutto ciò che scoprì, Amerigo lo raccontò in diverse lettere al suo protettore, Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. Descrisse una zona che chiamò “piccola Venezia” e che in spagnolo si trasformerà in Venezuela. La sua fama crebbe in Spagna, all’interno della comunità fiorentina, e nella stessa Firenze, come anche in Portogallo. Quando Amerigo tornò dal suo viaggio, il re portoghese gli assegnò un’altra spedizione che partì nel 1501, e con la quale arrivò a San Salvador de Bahia, che chiamò “Ognissanti”, in onore del quartiere e della chiesa della sua famiglia a Firenze. Sempre per la corona del Portogallo, Amerigo realizzò un altro viaggio nel 1503-04 che, anche se non portò alcun risultato rilevante, convinse il fiorentino che queste non potessero essere le Indie, ma una nuova terra, un Nuovo Mondo. Nonostante Portogallo e Spagna fossero rivali nelle questioni marittime e nelle spedizioni, Amerigo non sembrò incontrare alcuna opposizione quando, dopo il secondo viaggio e tre anni al servizio del re portoghese, tornò a Siviglia sotto la protezione della corona spagnola.

Nel 1505 si pubblica a Firenze la “Lettera di Amerigo Vespucci delle isole nuovamente trovate in quattro suoi viaggi “. Vi si parla di quattro viaggi di Amerigo, sebbene non fosse stata scritta direttamente da lui ma da qualcuno che conosceva le lettere che Amerigo aveva mandato ai Medici e a Pier Soderini, nuovo Gonfaloniere della Repubblica Fiorentina, e amico di Giorgio Antonio Vespucci, in seguito famoso per l’espulsione del ramo principale dei Medici dal governo, e del loro esilio dalla città. Gli scritti sono imprecisi in alcuni dettagli, ma descrivono bene i viaggi di Amerigo, pertanto lo scrittore conosceva bene le sue vicissitudini, direttamente o attraverso le sue lettere. Questi sono i viaggi descritti:

  1. 1497, viaggio per la corona spagnola: vengono descritti gli “indios” incontrati, il fatto che fossero sempre nudi, il loro cannibalismo.. Sono quindi le isole dei Caraibi quelle su cui sono approdati, raggiungendo il Venezuela, che egli descrive come una piccola Venezia. Tornano poi a Cadice nel 1498, girando intorno a Florida e Cuba, carichi di schiavi da vendere.
  2. 1499-1500, secondo viaggio voluto dai re spagnoli: arrivano a Guyana e l’imbarcazione di Amerigo si addentra nel Rio delle Amazzoni, giungendo a Trinidad e Orinoco. Descrive qui altri indigeni molto alti, e che si cibano di carne umana, e parla anche dei loro conflitti con i colonizzatori di Colombo nell’isola di Antigua. Tornano dopo tredici mesi, con perle e altri materiali preziosi.
  3. 1501, terzo viaggio e primo per il re del Portogallo: raggiungono le isole di Capo Verde, arrivando a Rio de Janeiro e al Rio de la Plata. Questo viaggio è importante perché Amerigo afferma per la prima volta di non aver trovato le Indie, bensì il Nuovo Mondo (prima della pubblicazione di queste lettere, era stato già pubblicato il “Mundus Novus”, da cui si era diffusa la voce che un fiorentino aveva scoperto un nuovo continente). Descrive le popolazioni e le persone come selvagge, così come gli animali scoperti. I cristiani vengono uccisi e divorati da questi selvaggi cannibali.
  4. 1503-04, seconda spedizione per il Portogallo: giunge in Brasile e fonda una fortezza, come Colombo aveva fatto nei Caraibi.

Amerigo torna quindi a Siviglia. Il re Ferdinando II lo convoca insieme a Vicente Yanez Pinzòn, proprietario della “Nina” e della “Pinta”, due delle navi utilizzate da Colombo, e affida loro una spedizione segreta verso l’Oceano, organizzata dalla Casa de Contratación de Sevilla (una istituzione fondata a Siviglia nel 1503 per il controllo dei commerci tra Spagna e “Indie Spagnole”). Anche se alla fine la spedizione venne annullata nel 1506, Amerigo si era guadagnato rispetto e reputazione, e questo gli consentì di continuare a lavorare per la Casa de Contratación fino a quando, nel 1508, venne nominato “Piloto Mayor”, una carica istituita in quel momento e che si occupava di supervisionare tutte le rotte e le carte geografiche, come anche di istruire e controllare i nuovi esploratori che volevano imbarcarsi verso il Nuovo Mondo. La figlia del re, Giovanna di Castiglia (Giovanna la Pazza, madre del futuro re imperatore Carlo) ratificò questo incarico al Vespucci.

Amerigo fu il primo a parlare di Nuovo Mondo, ma non lo battezzò mai in proprio onore. Il nome di “America”, ovvero “terra di Amerigo”, apparve per la prima volta nel mappamondo del cartografo tedesco Martin Waldseemüller nel 1507; Waldseemüller apparteneva a un gruppo di eruditi e umanisti che si basavano sulla cultura italiana, dai medievali Dante, Petrarca e Boccaccio, fino agli umanisti rinascimentali. Questi eruditi tedeschi erano convinti del fatto che Amerigo fosse stato il primo a mettere piede sul continente, e non Colombo, e che si doveva dare al fiorentino tutto il merito per aver riconosciuto un nuovo continente, dato che Colombo era sempre stato convinto di aver raggiunto le Indie. Copie di questo mappamondo raggiunsero mezza Europa, tranne che l’Italia e la Spagna, cosicché Amerigo morì senza conoscere l’esito finale e il successo delle sue esplorazioni. Un altro merito che viene attribuito al Vespucci rispetto a Colombo, è il fatto che egli studiò e descrisse le terre e le popolazioni scoperte in modo scientifico, e non come il missionario che, al contrario, era stato Colombo.

Tuttavia queste conclusioni dei tedeschi non furono approvate da tutti, e, in particolare, alcuni difensori di Cristoforo Colombo ritennero che Amerigo si fosse impossessato della fama e dei meriti del genovese. Uno dei suoi massimi difensori contro il fiorentino fu il domenicano Bartolomé de Las Casas, secondo cui Colombo era stato scelto da Dio per questa missione, e che di fatto era stato il “missionario” delle nuove terre. Gli spagnoli si rifiutarono per molto tempo di utilizzare il nome “America”, ed esistevano due gruppi difensori di uno o dell’altro esploratore, anche se i protagonisti non erano mai stati, né si erano mai comportati da rivali. Nonostante in Italia, e specialmente a Firenze, l’opera di Amerigo Vespucci fosse stata sempre riconosciuta, nelle mappe geografiche di Palazzo Vecchio, realizzate tra il 1563 e il 1589, non appariva né il nome “America” né quello di Amerigo, menzionando solo Colombo e Magellano come gli scopritori del nuovo continente. Esisteva quindi una campagna diffamatoria nei confronti di Amerigo Vespucci? Per quale motivo? Ricordiamoci che queste celebri carte geografiche furono realizzate dal frate domenicano Ignazio Danti (il nuovo continente viene chiamato da Danti “L’ultime parti note delle Indie Occidentali”), e sembra che gli studiosi domenicani avessero una loro chiara posizione a riguardo. Non dobbiamo neppure escludere il fatto che Amerigo fu sempre protetto e legato a Lorenzo il “Popolano”, del ramo secondario della famiglia Medici che all’epoca non aveva un buon rapporto con quello principale, poiché si era creata una certa invidia, e questa parte della famiglia potrebbe addirittura aver partecipato all’esilio dei cugini. Le carte geografiche di Palazzo Vecchio furono commissionate da Cosimo I de’ Medici, che prese il potere del governo divenendo duca: con lui la famiglia non perderà mai più il controllo di Firenze, fino all’estinzione della dinastia. Potrebbe essere che questo abbia a che fare con il rifiuto di riconoscere le scoperte di Amerigo Vespucci, protetto dal ramo “traditore” della famiglia? Il predecessore di Cosimo, di fatto il primo a divenire duca, era stato Alessandro, assassinato però dal cugino Lorenzino (chiamato “Lorenzaccio” dopo questo crimine), che casualmente era il nipote di Lorenzo il Popolano. Possiamo intuire molti interessi politici tra i diversi re e regni (Spagna contro Portogallo), duchi e governatori (Repubblica di Firenze contro i Medici), e famiglie illustri. Tutto questo può aver influenzato la storia, o, piuttosto, la sua divulgazione, e il modo in cui i personaggi sono stati presentati e studiati nei diversi paesi, sotto diversi precetti.

Amerigo Vespucci passò gli ultimi anni della sua vita a Siviglia con la moglie, prendendosi cura del nipote, e mantenendo il suo incarico di “Piloto Mayor”. Non ebbe figli con Maria Cerezo, ma gli si attribuisce una figlia illegittima avuta a Firenze prima del matrimonio, che viene menzionata in una lettera; tuttavia non sappiamo nulla né di lei né di sua madre, per cui la sua esistenza fu in realtà un mistero.

Nel 1511 Amerigo scrive il suo testamento, e muore a Siviglia il 22 febbraio 1512 a 58 anni. Alla vedova, erede del fiorentino, la corona riconosce una pensione vitalizia a ringraziamento dei servigi forniti dal marito. Non è chiaro dove sia stato sepolto Amerigo, non vi è alcun sepolcro o tomba alla sua memoria. Potrebbe essere stato sepolto a Siviglia, oppure, secondo un’altra teoria, riportato nella sua città natale, Firenze, e sepolto nella chiesa di famiglia, a Ognissanti; tuttavia non ne abbiamo la certezza.

Principale fonte di informazioni: Bonciani, Mauro (2012) “Amerigo Vespucci, il fiorentino che inventò l’America”. Casa Editrice Le Lettere, Firenze